La forza della rivoluzione tecnologica investe e permea diversi ambiti del diritto così che la tradizionale definizione di “patrimonio” si amplia fino a comprendere la nuova categoria dei c.d. “beni digitali”. In questo nuovo contesto, i contenuti memorizzati in un dispositivo, fisico o virtuale, risultano di grande importanza e risalire agli account e password diventa necessario per ricostruire la “vita digitale” del de cuius.
Ma quali sono le azioni che hanno a disposizione gli eredi per ottenere l’accesso? Qualora non sia possibile utilizzare il dispositivo in uso al defunto, l’unica via è avanzare una richiesta di accesso ex art. 2 terdecies del D.Lgs. n. 196/2003, come modificato dal D.Lgs. n. 101/2018 (“Codice in materia dei protezione dei dati”).
Su questo aspetto si è pronunciato il Tribunale di Milano con l’ordinanza del 9 febbraio 2021. La fattispecie sottoposta al vaglio del giudice di merito inizia con la prematura morte di un figlio e vede i genitori, unici eredi, attivarsi per il recupero dei dati contenuti nel sistema di sincronizzazione online su cui il figlio, giovane chef, aveva salvato fotografie, video e ricette. I due genitori dopo aver provato ad accedere al sistema di sincronizzazione dei dati, si rivolgono alla società produttrice del dispositivo mobile e del sistema operativo. Quest’ultima, subordina l’accesso all’ottenimento dell’ordine del Tribunale contenente determinati requisiti, alcuni dei quali estranei all’ordinamento italiano.
Il Tribunale di Milano, Prima Sezione Civile, adito in via cautelare, ha accolto la domanda dei genitori confermando l’esistenza di tutti i presupposti per l’azione cautelare. Per il fumus boni iuris, il giudice ha riconosciuto nella fattispecie in esame i presupposti di cui all’art. 2 terdecies del Codice in materia di protezione dei dati: l’esistenza di “interessi familiari meritevoli di tutela” e la legittimazione ad agire dei genitori, in assenza di un esplicito divieto del de cuius all’esercizio dei diritti connessi ai suoi dati personali post mortem. Per il giudice è poi del tutto illegittima la pretesa avanzata dalla società resistente di subordinare l’esercizio di un diritto a requisiti estranei dall’ordinamento italiano.
Sotto il profilo del periculum in mora, il pericolo di pregiudizio grave e irreparabile è legato all’automatica distruzione di tutti i dati contenuti nel dispositivo di sincronizzazione.
La pronuncia esaminata riveste particolare importanza: sempre di più, infatti, i beni digitali sono una parte essenziale del patrimonio personale, sia per il loro significato affettivo sia perché, molto spesso, ad essi sono collegati, direttamente o indirettamente, valori patrimoniali che vanno tutelati e protetti.